L'aquila e il pollo fritto by Vittorio Zucconi

L'aquila e il pollo fritto by Vittorio Zucconi

autore:Vittorio Zucconi [Zucconi, Vittorio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Social Science, Popular Culture
ISBN: 9788852012556
Google: 44IXAT4T8YEC
editore: Mondadori
pubblicato: 2008-05-14T22:00:00+00:00


Oltre l’arcobaleno

Stelle cadenti

In una mattina assolutamente perfetta come fu la mattina dell’11 settembre, guardiamo il cielo cadere ancora una volta sull’America. Una stella si stacca volando sopra il Texas,

lo Stato della «Lone Star», della stella solitaria, ed esplode, si disintegra, ricade sulla Terra tracciando contro l’azzurro un funerale bianco lungo 70 chilometri, fatto di vapore, di detriti e delle tracce di coloro che fino alle otto erano cinque uomini e due donne, e dieci minuti dopo sono tornati a essere polvere di stelle.

«Il viaggio nel buio oltre la Terra continuerà» promette il texano Bush col groppo in gola, per consolare se stesso, una nazione stordita da questo momento di storia orribile che continua e un mondo che comincia a non capire che cosa stia succedendo all’America. Ma il viaggio di Michael, Ilan, Laurel, Kalpana, David, William e Rick non continuerà. Forse, come disse Ronald Reagan nell’addio ai sette del Challenger esploso nel 1986, anche loro hanno «toccato il volto di Dio» nel momento in cui hanno sentito la veterana delle navette, Columbia, la primogenita ventidue anni or sono, disintegrarsi attorno a loro. Ma certamente lo hanno toccato gli americani, il popolo di Israele orgoglioso del suo primo astronauta, le famiglie e i figli attoniti, e noi, davanti a un altro televisore che illuminava un’altra catastrofe americana, e alla vigilia di una guerra. Tutti a guardare una stella cometa che cadeva su un paesetto del Texas chiamato, e sembra incredibile, Palestine.

Ma non ci sono indizi sinistri, nel volo di questa cometa apparsa sopra la Palestina del Texas, non c’è terrorismo, ne sono certi alla Nasa; c’è il prodotto di una tecnologia estrema, che si rivela, molto raramente, fallibile. In quarantadue anni di lanci, la Nasa aveva perso «soltanto» nove esseri umani, i tre consumati nell’incendio della capsula Apollo a terra e i sette nel Challenger del 28 gennaio 1986. Ma non aveva perduto mai nessuno nella fase più difficile, il rientro.

La navetta Columbia sarebbe dovuta atterrare alle 8.16 del 1° febbraio 2003, ora del Texas. Già dalle 7.53 gli indicatori a terra che riproducono le condizioni del volo, perché non ci sono scatole nere sugli shuttle, avevano cominciato a sussurrare che qualcosa stava andando storto: pressioni idrauliche, assetto di volo fuori tolleranza, temperature troppo elevate, guasti al carrello di atterraggio, come se l’organismo della vecchia primogenita, la veterana della flotta di shuttle, cominciasse a cedere, in tanti piccoli malanni a catena. Ma non ci sono piccoli guasti quando si pesa 200 mila tonnellate, il doppio di una superpetroliera, lanciati a mach 18,3, diciotto volte la velocità del suono.

Le manovre di emergenza sono limitatissime in questo deltaplano che scivola senza motore verso la pista d’atterraggio, il Kennedy Space Center di Cape Canaveral in Florida.

Se sbaglia l’angolo, se qualcosa lo smuove o lo squilibra, c’è pochissimo che l’onnipotente computer di bordo, come lo Hal 9000 nella fantascienza di Arthur Clarke, o gli umani possano fare per riprenderla.

Alle 7.59, quando avrebbe dovuto cominciare la fase finale di rientro, cominciò a sbandare sull’ala sinistra. Il suo angolo di picchiata era di 57 gradi, 17 più dei 40 gradi previsti, un’enormità.



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